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Noi, semplicemente, facciamo la nostra parte

Intervista

Intervista sulla battaglia contro le misure giudiziarie imposte dalla Procura di Torino con uno degli imputati per l’irruzione alla Turkish Airlines

Questa è l’intervista raccolta con uno dei dieci indagati per l’irruzione negli uffici della Turkish Airlines di Torino-Caselle, azione realizzata nel settembre 2015 per denunciare la politica repressiva e genocida del governo turco e esprimere solidarietà con la resistenza in Turchia e in Kurdistan.

Il Tribunale di Torino, a fine luglio 2016, ha imposto agli indagati l’obbligo di recarsi due volte al giorno in commissariato, ma diversi di loro, come hanno fatto altre persone colpite da provvedimenti analoghi tra Torino e la Valsusa, hanno deciso di non rispettare questa imposizione e di iniziare una campagna di resistenza alle imposizioni del Tribunale, rendendosi irreperibili in attesa dell’udienza di riesame il 2 settembre. La tendenza attuale è infatti di far scontare, tramite misure restrittive preventive, una pena definita «lieve», a prescindere da fatti e responsabilità, per ostacolare qualsivoglia forma di protesta o di conflitto sociale.

Il 2 settembre, mentre in strada, davanti al Tribunale e sotto il carcere si svolgevano diverse iniziative di solidarietà, all’interno dell’aula gli imputati hanno letto una dichiarazione in cui si ribadiva questa scelta, facendo presente alla corte che nessuna ulteriore misura restrittiva sarebbe stata rispettata.

Il giorno dopo il Tribunale ha comunicato la propria decisione: tutte le misure cautelari sono state annullate.

Non siamo soliti ai trionfalismi, ma non ci sembra di esagerare dicendo che la lotta, ancora una volta, ha pagato, e soprattutto che questo è un buon segnale per il prosieguo di una battaglia che non finisce certo qui.

Di questa battaglia, delle sue ragioni e prospettive, abbiamo parlato in questa intervista, realizzata a metà agosto “dall’esilio” con uno degli imputati.

Scarica qui l’intervista in formato .pdf


Difendere la Zad

È uscito un nuovo libretto per Tabor:

Collettivo «Mauvaise troupe», Difendere la Zad, 

Tabor, marzo 2016, pp. 40 (f.to 11×17 cm), euro 2.00

Sui terreni di Notre-Dame-des-Landes, tuttora minacciati dal progetto di un aeroporto, è sbocciato uno spazio di rigogliosa sperimentazione. Dopo la vittoriosa resistenza all’ondata di sgomberi dell’autunno 2012, la Zad è divenuta un grido di battaglia, ispiratore di molteplici altri focolai di non sottomissione. Ora che il governo di Parigi ha annunciato il ritorno in forze dei gendarmi sul terreno, questo libretto si fa eco di tale avventura politica e chiama, appassionatamente, alla difesa della Zad.

difendere la ZAD

difendere la ZAD

Il libretto è anche scaricabile GRATUITAMENTE da qui.


Le Alpi, la crisi, la rivincita del locale

copertina_materiali_alpi«Le Alpi, la crisi, la rivincita del locale». Interventi e scritti di: Enrico Camanni, Adriano Cirulli, Marco Aime, Stefano Boni, redazione della rivista “Nunatak”, Daniele Pepino, settembre 2015, pp. 32 (f.to 14,5×21 cm.), euro 3.00.

L’attuale crisi della “civiltà occidentale” mostra tutta la fragilità e inadeguatezza del sistema tecno-burocratico di fronte ai disastri, alle ingiustizie, ai conflitti da esso stesso generati. Ovunque, sempre più pervasiva, si impone una artificializzazione dei territori, che da luoghi del rapporto organico uomo-natura sono ridotti ad asettici siti per la forsennata riproduzione di profitto e di lavoratori/consumatori sradicati e omologati.
Come ogni civiltà, anche la nostra è destinata all’estinzione (e sono ormai i suoi stessi funzionari ad annunciarne l’imminenza con angoscia), ma ciò che verrà dopo dipende dalle dinamiche in atto sui territori nel corso del suo declino. Cioè oggi.
Ci troviamo su un confine, in bilico tra le opportunità di rinascita offerte dalla disgregazione degli apparati di dominio e l’ulteriore rovina nel baratro della catastrofe ecologica e sociale; perciò è urgente un ripensamento radicale delle forme organizzative, decisionali, economiche e delle teorie che le esprimono.
Territorio, identità, autonomia, sovranità sono questioni aperte che, nella crisi degli Stati nazione e della globalizzazione capitalista, emergono in tutta la loro importanza e problematicità, con cui volenti o nolenti dobbiamo fare i conti.
Ne parleremo insieme, in un confronto aperto con studiosi che hanno affrontato tali questioni (con approcci e prospettive diverse), a partire dal territorio in cui siamo (le Alpi, con la loro storia e le loro specificità), verso una prospettiva più ampia di rivincita del locale, delle bioregioni e delle comunità umane coi loro bagagli di solidarietà, condivisione, resistenza, autonomia…

In questa pubblicazione sono trascritti alcuni degli interventi dei partecipanti alla tavola rotonda («Le Alpi, la crisi, la rivincita del locale», Bussoleno, 7 giugno 2014 – in «Una montagna di libri contro il Tav»), affiancati da estratti selezionati da alcuni saggi degli stessi autori. Non sono, dunque, gli atti completi del convegno, ma semplicemente una raccolta di materiali utili, a nostro avviso, a sviluppare un dibattito che si fa ogni giorno più urgente: quello sull’autogoverno comunitario dei territori in cui viviamo.


Dallo Stato nazione al comunalismo

dallo stato nazione al comunalismoJaneth Biehl, Dallo Stato nazione al comunalismo. Murray Bookchin, Abdullah Öcalan e le dialettiche della democrazia, settembre 2015, pp. 20 (f.to 14,5×21 cm.), euro 2.00.

Questi «materiali» di Tabor rispondono all’esigenza di pubblicazioni più agili rispetto ai libri editi finora, con uscite più rapide e tirature più limitate (magari finalizzate ad accompagnare una specifica iniziativa o a contribuire a un dibattito).
Materiali per la discussione, quindi, stimoli alla ricerca, alla critica e, soprattutto, all’autocritica. Già, perché crediamo che per affinare le armi della critica sia oggi più che mai prioritario rivolgerle su noi stessi, sulle nostre inadeguatezze alle esigenze rivoluzionarie del presente. Anche perché ci sembra che questa disponibilità a mettersi in discussione non sia così diffusa, anzi. Troppo spesso, a fronte di un anti-dogmatismo di facciata, ogni “novità”, ogni rottura dei (propri) schemi, viene vissuta come una minaccia a quella corazza identitaria che erigiamo per proteggerci dal “mondo esterno” e dalla sua irriducibilità a schemi preconfezionati.

In quest’ottica, il testo qui pubblicato, al di là delle singole posizioni che si possono più o meno condividere, ci pare particolarmente adeguato. Quello che emerge, infatti, da questa esposizione del pensiero di Bookchin e di Öcalan, è un percorso, teorico e pratico, non fossilizzato in una ideologia immutabile, ma aperto al confronto continuo con i propri limiti e i propri sbagli, oltre che con le modificazioni della realtà circostante. Ed è questo metodo, a nostro avviso esemplare, che vogliamo proporre all’attenzione dei lettori e delle lettrici.
Sarà forse un caso, infatti, che proprio il movimento ispirato da Öcalan, che ha saputo apertamente rivolgere le armi della critica contro se stesso e i propri errori, sia oggi il solo movimento in grado di esprimere anche una critica in armi all’altezza delle trasformazioni rivoluzionarie in atto?