Dante Alighieri, Inferno – canto XXXIII bis – l’incredibile manoscritto ritrovato in Valsusa, dicembre 2013, pag 64, euro 6,00.
Nel 1308 Dante Alighieri è esule, incammino verso la Francia. Nel suo peregrinare, approda in Valle di Susa. Tratto in arresto dagli armigeri che presidiano la valle, dopo qualche giorno di prigionia troverà ricovero presso i monaci della Sacra di San Michele. Quivi, nel riposo illuminato da una pozione di “spetialissime erbe”, il poeta si ritrova catapultato in una sorprendente visione premonitrice. Il Maestro Virgilio lo condurrà nell’abisso del peccato pi’u grave e imperdonabile in cui l’umanità si appresta a sprofondare: IL TRADIMENTO DELLA NATURA E DELLA SPECIE.
Un abisso di abbrutimento, avidità e supplizio, che si disvela a Dante nei travagli del territorio valsusino. Un abisso che è il nostro presente…
Il manoscritto qui pubblicato, ritrovato dopo secoli di oblio, contiene le terzine attraverso cui il sommo poeta ha voluto consegnarci questo viaggio. Un monito che un imperscrutabile destino ha voluto rivelarci soltanto oggi, proprio quando l’abominevole abisso pare averci inghiottito anima e corpo, ma nel contempo dalle sue viscere s’affacciano, flebili ma inesorabili, i bagliori d’una novella resistenza.
«…Si formerà dal Seghino a Chianocco
da Venaus, Bussoleno e Chiomonte
per tutta la Val Susa un solo blocco;
da fondovalle fino in cima al monte
sarà modello d’ogni altra vallata,
e d’ogni libertà presidio e fronte;
chi vorrà far colà terra bruciata
vedrà levar la testa, e quanto vale
l’orgoglio d’una gente ricattata…»